👠 Un'uscita molto femminile
Dove ti segnalo 3 dischi usciti ad Aprile che spaccano proprio, tutti al femminile (eh no, non ti scriverò i nomi qui), ma anche di Smiths, Giuseppina Borghese e Spider-Man.
Ciao, sono Francesco, forse ti ricorderai di me per la webzine Indie For Bunnies di cui sono stato co-fondatore, o per qualche pezzo pubblicato sulla rivista musicale Losing Today, o forse per le mie innate doti fisionomiche: «Buongiorno, lei è il Signor?» «Signora, grazie.»; o per altri Super Poteri di Merda™ come questo (seguimi per altre eroiche avventure).
Se invece è la prima volta: sei su Indie Riviera la newsletter che una volta era un blog ("Una volta qui era tutta blogosfera") e oggi è il posto su cui scrivo di musica, libri, showbiz e pop culture in generale. Tutto questo a ritmo assolutamente irregolare (Dio e quasi 500 iscritti mi sono testimoni), perché della frenesia nella musica (ma anche in tutto il resto) ci siamo rotti i coglioni.
Ascolti
Ad Aprile mi sono decisamente infatuato dell’esordiente Sabrina Teitelbaum, in arte Blondshell.
Blondshell è cantautrice e indie rockers dal songwriting intimo, ma con un sound deciso e graffiante: che mix! Si era già fatta notare nel 2022 con una serie di singoli, a partire dal pezzo Olympus prodotto da Yves Rothman (già al lavoro con Kim Gordon - ora mi spiego diverse cose! - e Bartees Strange).
Nata a New York è artisticamente attiva prevalentemente a Los Angeles e si sente.
Con il suo esordio omonimo, che possiamo inquadrare fra l’alternative rock e il grunge con qualche passaggio folk, da posizionarsi nello scaffale fra Courtney Barnett, Frankie Cosmos e Courtney Love, Sabrina spazia da tematiche impegnate, come la dipendenza sia affettiva che da sostanze (Olympus, Sober Together), a tematiche più spensierate e irriverenti: la canzone iniziale s’intitola Veronica Mars (!!!).
Con Blondshell la Partisan Records si porta a casa un altro grande colpo, dopo aver pubblicato nel 2023 Skinty Fia dei Fontaines D.C., acclamato da più parti (e io sono di quelle parti) come miglior disco del 2022.
Non meno sorprendente è Star Eaters Delight, il terzo album in studio di Lael Neale, targato questa volta Sub Pop.
Lael Neale, songwriter statunitense della Virginia, con Star Eaters Delight continua sulla linea lo-fi (Oh sì!) tracciata con il precedente Acquainted with Night.
Forse sono io o forse è l’aria frizzantina di primavera, ma a tratti ci risento la malinconica solennità laica di Nico (If I Had no Wing, Return to Me Now), a tratti l'urgenza nervosa dei Blonde Redhead (I'm the River, Faster Than the Medicine), fino ad arrivare a pezzi psichedelici che potrebbero essere stati scritti dagli Spiritualized come In Verona.
Discone, meno immediato di Blondshell, ma forse per questo destinato a crescere nel tempo, richiedimelo fra qualche settimana.
Aprile è stato il mese del ritorno (l’ennesimo) di Feist.
Sinossi in breve: al secolo Leslie Feist, prolifica cantante e songwriter indie già parte degli indimenticati e indimenticabili Broken Social Scene.
Il disco si chiama Multitudes e conta di 12 pezzi frutto di una serie di spettacoli dal vivo (chiamati anch'essi Multitudes) eseguiti fra il 2021 e il 2022.
Tracce intime e personali (forse l’apice della produzione di Feist, da questo punto di vista) che raccontano eventi importanti della sua vita, come l'adozione di un bambino, la morte del padre e, ca va sans dir, la pandemia.
Multitudes ha un piglio intimo anche nella produzione: è stato registrato in uno studio casalingo costruito su misura nel nord della California.
L’angolo del collezionista
Ops, I did it again!
Anche questo mese fra gli scaffali dei dischi ho pescato fra il peggio del meglio, alla voce “beautiful losers”. The World Won’t Listen è una raccolta di singoli degli Smiths (con relative b-sides) del biennio 1985-1986. La critica gli ha appiccicato l’etichetta di “prescindibile”, soprattutto perché la Rough Trade decise di pubblicare pochissimo tempo dopo un’altra raccolta simile ma più completa: Louder Than Bombs.
Tuttavia The World Won’t Listen è ricordato dai fan per due motivi sostanziali, il primo è il titolo. Si tratta di un titolo profondamente morrisseyano che tradisce tutta la frustrazione e la voglia di contestazione da del Moz (voglia che non si esaurisce mai evidentemente) verso la scarsa attenzione che il gruppo continuava a racimolare in radio (scarsissimo minutaggio) e nelle settimane di permanenza in classifica (poche, troppo poche).
Il secondo motivo è l’artwork del vinile. La copertina fu pensata direttamente da Morrissey, che decise di utilizzare una foto di Jürgen Vollmer, visto che il gruppo non amava farsi ritrarre nelle cover (in linea con i dettami dei movimenti punk, post-punk, indie e DIY). Tuttavia la foto, nella versione cd e cassetta, venne maldestramente ritagliata dall'etichetta discografica per motivi di spazio, perdendo tutta la poetica e mandando su tutte le furie la band. Motivo per cui questo vinile in prima edizione ha qualcosa di speciale.
A Manchester con gli Smiths di Giuseppina Borghese
Questo libro mi ha tenuto parecchia compagnia nelle ultime settimane.
A Manchester con gli Smiths di Giuseppina Borghese è l'ultima uscita della collana Passaggi di Dogana pubblicata da Giulio Perrone Editore. Si tratta di guide narrative ai luoghi, sulle tracce di scrittori e musicisti, che in quei luoghi hanno vissuto lasciando una loro traccia e una particolare atmosfera nell’immaginario collettivo.
A Manchester con gli Smiths trasuda di working class in ogni goccia di inchiostro ed è riuscito a trasmettermi un senso di appartenenza verso una comunità che conosco solo attraverso la musica che ha prodotto negli anni 80 e 90. Una scena che può essere riassunta dalla frase di Tony Wilson della Factory: "siamo a Manchester qui le cose si fanno diversamente".
Contemporaneamente ho conosciuto una penna, quella di Giuseppina Borghese, che meriterebbe più attenzione, la mia l'avrà sicuramente.
Il libro sottolinea in maniera prepotente quanto la città, i luoghi, i borghi, i quartieri… incidano nella musica dei nostri autori preferiti. Ho scritto di musica in diverse occasioni della mia vita, ma raramente l’ho fatto partendo dai mattoni rossi e dalle fabbriche di Manchester per parlare degli Smith, ad esempio.
Dear Spider-Man, Letters to Peter Parker
A New York esiste un museo che raccoglie migliaia di lettere dedicate a Peter Parker recapitate al suo indirizzo immaginario, che guarda caso (spoiler: non c’è nessun caso) corrisponde ad un indirizzo reale, intestato ad una vera famiglia Parker.
Nel 1974 una famiglia Parker si trasferì al 20 di Ingram St. a Forest Hills, nel Queens. Nel 1989 gli autori dell’Uomo Ragno avevano bisogno di citare l’indirizzo di Peter per motivi di narrazione e per rendere la cosa più credibile (che burloni!) presero l’elenco del telefono e selezionarono un Parker nel Queens.
Risultato? La famiglia Parker che ha vissuto al 20 di Ingram St. per oltre 30 anni, a partire dal 1989 ha iniziato a ricevere centinaia di lettere da persone che credevano che Spider-Man vivesse davvero lì.
Molte di queste lettere iniziano con "Caro Spider-Man" e ora decine di quelle lettere sono esposte al Museo del Reliquiario della città, nell'ambito della mostra "Dear Spider-Man, Letters to Peter Parker".
La mostra è stata aperta fino al 2 Aprile, ora le lettere sono conservate nel museo.
Per approfondire
📰 Il New Yorker ha pubblicato un pezzo sulla diatriba a proposito dell’origine della techno.
©️ L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha imposto a Meta la ripresa immediata delle trattative con Siae. Ne scrive il Sole 24 Ore.
©️ In Italia non c’è solo Siae che si occupa di tutelare i diritti di autori ed editori, esiste anche la Soundreef, che gestisce numerosi artisti. La società indipendente è stata fondata a Londra nel 2011 dal CEO Davide d’Atri e Francesco Danieli, interrompendo così il monopolio di Siae.
Soundreef ad oggi conta oltre 40mila autori, di cui 26.000 (più della metà) sono italiani. Autori i cui brani continuano ad essere sui social anche dopo la “pulizia” di Meta, con cui Soundreef non ha avuto alcun problema e lo ha fatto sapere anche attraverso un post.
My job here is done
Alla prossima!
(Hai notato che non scrivo mai “A presto”?)