🏆 I migliori dischi del 2025
Il consueto e forse inutile (ma anche per questo ci piace tanto) rito della classifica dei migliori dischi usciti quest'anno secondo - nientepopodiméno che - il sottoscritto
Che poi a pensarci bene, buttare giù una lista, di qualsiasi cosa si tratti, porta sempre dei benefici. Tipo in piena pandemia, nel delirio da “faccio più cose possibile, per uscirne migliore” (sostituisci “uscirne migliore” con “non pensare”), partecipai ad un corso di Chiara Battaglioni sulla gestione del tempo, con conseguente acquisto de L’arte delle liste - Semplificare, organizzare e conoscere meglio sé stessi di Dominique Loreau. Esatto: “organizzare e conoscere meglio sé stessi”.
E funziona proprio così! Ad esempio, stando alla mia classifica dei migliori dischi del 2025, è molto interessante notare che i 10 dischi qui sotto non sono esattamente gli stessi dischi che ho segnalato durante l’anno, perché la musica matura ascolto dopo ascolto. Questa consapevolezza arriva anche grazie a questo giochino delle liste, che è anche - e forse soprattutto -retrospettiva.
Insomma parliamoci chiaro, vale la regola d’oro, si abolisce l’emendamento: uomini e donne non possono essere amici (Ciao Rob, ciao) e le liste non sono inutili, anzi!

10. It’s a Beautiful Place dei Water from Your Eyes
In appena dieci tracce It’s a Beautiful Place - quinto album del duo newyorchese composto da Nate Amos e Rachel Brown e licenziato dalla Matador - abbraccia una moltitudine di generi in modo eclettico ma credibile. Si passa dal post-core e post-punk (Life Signs e Nights in Armor) a derive shoegaze (Born 2), dal nu-metal al folk-rock, come negli epici sei minuti di Playing Classics.
Le tematiche sci-fi evocano atmosfere degne di Blade Runner, non è un caso che il disco si apra e si chiuda con due tracce di elettronica strumentale, costruite sullo stesso motivo, che conferiscono una forma “orbitale” all’album.
Surrealismo scomposto con leggerezza, senza un calo di tensione.
9. You & i are Earth di Anna B Savage
You & i are Earth è il terzo album di Anna B Savage, cantautrice e polistrumentista londinese, ormai dubliners d’adozione.
Il disco, edito dalla City Slang, se la gioca tutta su corde pizzicate, chitarre acustiche, clarinetti e archi. I testi introspettivi e le immagini poetiche sono un omaggio alla sua patria adottiva, alla tradizione folk e al suo compagno.
In un mondo di fragorosi alberi che cadono, questo disco è la foresta che cresce.
8. The Heat Warps dei Modern Nature
Con The Heat Warps (quarto album in studio, pubblicato da Bella Union) la band capitanata da Jack Cooper, compie una sterzata decisa rispetto ai dischi precedenti.
Il nuovo sound della band abbandona gli arrangiamenti sofisticati e grazie all’ingresso della seconda chitarrista Tara Cunningham, abbraccia un suono più chitarristico. Anche il fatto che sia stato registrato in maniera completamente analogica presso i Gizzard Recording di Londra, ha giocato un ruolo.
Strutture ricorrenti, post-rock, kraut, slowcore e indole jazzy si dissolvono in un flusso narrativo ipnotico.
7. Dream 3 dei Goon
Dream 3 è il terzo album del gruppo losangelino dei Goon. Si tratta di un disco indie rock, lo-fi, dove dream pop e cavalcate post-rock si alternano senza soluzione di continuità, cuciti fra di loro dalla voce androgina di Kenny Becker.
Il disco porta con sé le influenze giovanili di Kenny, penso soprattutto a Pavement, Pixies e Yo La Tengo; ma con un’etereità per nulla derivativa. La voce di Becker, celestiale e aliena, aggiunge un elemento di ambiguità al disco rievocando il pop ipnagogico degli anni 10.
6. The Scholars dei Car Seat Headrest
The Scholars è probabilmente il disco più ambizioso di Will Toledo & Co. (sì, i ragazzi assomigliano sempre di più ad una vera band). L’album è stato licenziato dalla Matador e segna il ritorno a sonorità più affini agli esordi, rispetto agli esperimenti con l’elettronica di qualche anno fa.
La fanno da padrone robuste chitarre serpeggianti alla Built to Spill, feedback alla Destroyer, inni alla Shins con qualche cavalcata prog (3 brani superano abbondantemente i 10 minuti).
Se cerchi la grandeur del rock classico e l’urgenza alternative del college rock statunitense: butta un orecchio qui!
5. GOLLIWOG di billy woods
GOLLIWOG, del rapper newyorchese Billy Woods è una matrioska di sound e visioni. Nonostante il ritmo invidiabile di un disco all’anno, tutti per la sua etichetta la Backwoodz Studioz, la penna di Woods è sempre ispirata e rimanda ad un immaginario afro-surrealista fatto di zombie africani, bambole maligne, viaggi nel tempo e humour dissacrante a metà fra una puntata di Zio Tibia e una di Ai confini della realtà.
GOLLIWOG è ancora una volta rap e hip-hop sperimentale e il paragone con MF DOOM non è così impietoso, non solo per l’attitudine schiva, ma anche e soprattutto per l’approccio colto e destrutturato delle campionature: noisy, wall of sound di fiati in loop, percussioni free jazz e media analogici a profusione.
4. Fairyland Codex dei Tropical Fuck Storm
Fairyland Codex dei Tropical Fuck Storm, registrato in Australia con la coproduzione di Michael Beach, ha un sound cupo, minaccioso e frenetico allo stesso tempo.
Si tratta di un disco anarchico, anche nello smarcarsi da facili classificazioni: garage rock, psichedelia e post-punk sono gli ingredienti principali. Le chitarre ringhiano, le deviazioni psichedeliche sono frequenti e la scrittura dadaista continua a dribblare ogni schema.
Una domanda marzulliana resta nella testa: un caos controllato o un delirio perfettamente organizzato?
3. Cover the Mirrors di Ben Kweller
Benjamin Lev Kweller è uno di quei musicisti che sembrano essere nati direttamente sul tappeto polveroso di uno studio di registrazione. Cover the Mirrors è un album catartico germogliato dal dolore per la morte del figlio adolescente Dorian, nel 2023.
Il disco si apre con il piano e i sospiri di dolore di Going Insane e continua con Dollar Store (feat. Waxahatchee), un folk da cameretta che si inalbera in un pezzo emo-core incazzato. Depression strizza l’occhio all’ingenuità indietronica per poi trascinarti in territori dub. Optimistic rimanda al miglior power pop di scuola americana e la collaborazione con i Flaming Lips (fra le altre) è la ceralacca che suggella lo status di “disco della madonna”.
2. DÍA di Ela Minus
Ela Minus - moniker della producer e autrice Gabriela Jimeno newyorchese d’adozione - ha messo a nudo la sua anima su colorate e travolgenti basi da producer che alternano synth-pop, techno, noise ed electro-pop, attraverso una scrittura da songwriter.
Il fatto che ha composto ed eseguito tutto il suo materiale su hardware analogico assemblato da lei, conferisce alla sua musica una concretezza difficile da raggiungere.
Un disco innovativo che fonde indietronica e pop emotivo.
1. Halo On The Inside di Circuit des Yeux
Halo On The Inside è il disco del 2025 che più di tutti continua a tornare sul piatto del mio giradischi.
La voce persecutoria di Haley Fohr (autrice, compositrice e musicista di Chicago madre del progetto Circuit des Yeux) è uno strumento potente che sembra evocare forze oscure e affascinanti.
Halo On The Inside è un album magniloquente, stratificato, pieno di ombre che si fanno via via sempre più scure. Un post punk “alla Matador” gotico e abrasivo, con molta elettronica. Le chitarre hanno spesso la manopola del feedback aperta, creando un muro di suono edonistico e pagano, dove si respirano atmosfere dark.
Quali sono stati i tuoi dischi preferiti quest’anno? Se hai scritto un post o una lista fammelo sapere nei commenti, sono molto curioso!





