🍦 Doppio Gusto, l'uscita estiva XL di Indie Riviera
Come ogni fine estate ecco il doppio numero di Indie Riviera, con i migliori dischi di luglio e agosto secondo il sottoscritto
Incipit. Di recente ho ripensato a Lost in Translation di Sofia Coppola e a come sia riuscita a raccontare l'incapacità di spiegare pienamente le emozioni attraverso le parole. C'è riuscita tanto bene che mi sto ancora chiedendo che cosa avrà detto Scarlett Johansson all’orecchio di Bill Murray, in quei 3 minuti e 2 secondi conclusivi sulle note di Just Like Honey dei Jesus and Mary Chain.
Ma non è questo quello di cui volevo parlare, riavvolgi!
Incipit reprise. Ascolto da anni il podcast Leoni per Agnelli di Manuel - indovina chi? - Agnelli con entusiasmi alterni, a volte le persone invitate mi sembrano un po' "comandate" dall'emittente, ma quando Manuel parla di musica starei ore ad ascoltarlo. Ad esempio nel corso dell'anno ha dedicato una serie di episodi ad alcuni producer famosi che hanno fatto la storia di questo mestiere. Queste puntate sono decisamente da recuperare se te le sei perse.
Oltre ai producer del passato, ad inizio 2025 (ma ho recuperato questa puntata solo in estate), Manuel ha intervistato Marta Salogni producer bresciana accasata a Londra dal 2010, nominata ai Grammy, vincitrice del Mercury-Prize e unanimemente riconosciuta come regina Mida del sound alternative degli anni 20 (dai un'occhiata al portfolio delle sue collaborazioni se vuoi farti un'idea).
Ma veniamo al collegamento con Lost in Translation (sì, c’era un collegamento). Ad un certo punto Manuel chiede a Marta da dove sia nato l'amore per la "componente tecnologica della musica” e Marta cala la combo “Cambia giro”, “Salta turno”, “Cambia colore”, “+2” e “+4” tutti assieme (anche se da regolamento non si potrebbero sommare):
All'inizio era l'amore per il bel suono. È stata l'ingegneria del suono che mi ha portato alla produzione e al missaggio: l'amore per voler far uscire un suono come ce l'avevo in testa.
Io la definisco un amore per la traduzione sonora, anche perché la prima cosa di cui mi sono innamorata è stato il banco da missaggio, l'ho visto fin da subito come uno strumento musicale che io potevo suonare senza essere sul palco, stando tra il pubblico, perché grazie ai diversi parametri si può cambiare quella che è l'esperienza di ascolto. Ad esempio quando la voce si fa più sospirata io posso alzare il volume in modo che tutti ne apprezzino le sfumature.
[...]
Mi affascina tutti i giorni questa emozione di riuscire a tradurre quella che è la visione di un artista in una produzione e, quando sono passata dall'ingegneria del suono alla produzione, mi sono sentita sullo stesso piano dell'artista e da allora cerco di tradurre quella che è la sua visione da un’idea a qualcosa di sonoro.
Marta orgoglio nazionale.
Dream 3 dei Goon è il disco del mese
Se di recente l’algoritmo ti ha passato in cuffia qualcosa che sembrava un featuring fra Cindy Lee e i Mercury Rev, niente paura! Non hai mancato la collaborazione dell’anno, probabilmente senza saperlo stavi ascoltando i Goon e la voce androgina dietro al microfono era quella di Kenny Becker, polistrumentista e artista visivo di Los Angeles.
Dream 3 è il terzo album del gruppo losangelino, si tratta di un disco indie rock, lo-fi, dove dream pop e cavalcate post rock si alternano senza soluzione di continuità, cuciti fra di loro da pentagrammi psichedelici.
Dream 3 nasce dall’intersezione di due momenti particolari vissuti da Kenny: da una parte la gioia per la fine di una malattia neurologica che lo ha privato a lungo di gusto e olfatto e dall’altra la fine del matrimonio. “Iniziare il disco durante un periodo che mi dava gioia e finirlo nel mezzo di un dolore profondo è stato trasformativo”, ha raccontato.
Il disco porta con sé le influenze giovanili di Kenny, penso soprattutto a Pavement, Pixies e Yo La Tengo; ma con un’etereità per nulla derivativa. La voce di Becker, celestiale e aliena, aggiunge un elemento di ambiguità al disco (oltre alla centrifuga di emozioni da cui è nato), rievocando il pop ipnagogico degli anni 10.
Nonostante la varietà di soluzioni (persino inaspettati slanci post-hardcore, come in Patsy’s Twin) l’album mantiene un’identità forte, che per eleganza e missaggio mi ricorda l’amato The Neon Gate dei Nap Eyes uscito l’anno scorso.
Un disco talmente anticonvenzionale che la traccia Fine non chiude il disco, ma è la penultima dell’album. Imperdibile.
🛒 Puoi comprare questo disco sul sito ufficiale dei Goon.
It's a Beautiful Place dei Water from Your Eyes
I Water from Your Eyes sono un duo di Chicago naturalizzato newyorkese, composto da Nate Amos e Rachel Brown (nei live si fanno affiancare da altri due musicisti). It’s a Beautiful Place è il loro quinto album in studio e il secondo da quando, nel 2023, hanno firmato per la Matador Records.
In appena dieci tracce It’s a Beautiful Place abbraccia una moltitudine di generi in modo eclettico ma credibile. Si passa dal post-core e post-punk (Life Signs e Nights in Armor) a derive shoegaze (Born 2), dal nu-metal al folk-rock, come negli epici sei minuti di Playing Classics.
Le tematiche sci-fi evocano atmosfere degne di Blade Runner o dei romanzi di Asimov, non è un caso che il disco si apra e si chiuda con due tracce di elettronica strumentale, costruite sullo stesso motivo, che conferiscono una forma “orbitale” all’album.
I testi sono brillanti e arguti (Amos compone nella sua camera da letto sotto un poster di Robin Williams ai tempi di Mork & Mindy) e traggono ispirazione da The Dispossessed (un romanzo utopico anarchico di Ursula K. Le Guin) e There Is No Unhappy Revolution (un saggio di Marcello Tarì sulla crisi della società e sul comunismo come possibile ripartenza).
Se Dream 3 dei Goon è stato il mio disco preferito di luglio, lo stesso si può dire di It's a Beautiful Place per il mese di agosto.
🛒 Puoi comprare questo disco sul bandcamp dei Water from Your Eyes.
Baby di Dijon
Dijon Duenas è un produttore, autore e cantante di Baltimora, città dove si è stabilito dopo una vita passata a seguire gli spostamenti del padre, arruolato nell’esercito. A metà degli anni 10 è stato la metà del duo Abhi//Dijon, per poi intraprendere un percorso solista che lo ha portato alla ribalta grazie alla co-scrittura e coproduzione di Pink Diamond di Charli XCX.
Se nel 2021 si era già fatto notare con l’esordio Absolutely, con Baby, Dijon sta riscuotendo un riconoscimento praticamente unanime.
Uno dei punti è che la voce di Dijon ricorda a tratti Prince — soprattutto quando sale in acuti che sembrano urla disperate — ma a volte ricorda anche Michael Jackson e Marvin Gaye, quest’ultimo nell’atteggiamento consapevole e disilluso.
I pezzi si appoggiano su una calda elettronica analogica, beat sofisticati, solchi che saltano, buchi sui nastri, poche o nulle le campionature, cori soul, chitarre (ma dimentica Prince in questo senso) e sintetizzatori. Un alternative R&B venato di pop, hip-hop, blues e folk.
I testi sono intimi e introspettivi, parlano della relazione con la moglie e con il figlio, ma anche di quella turbolenta con il padre — stai pensando di nuovo a Marvin Gaye? - e dei suoi problemi di alcolismo.
In questa estate afosa Baby di Dijon è qualcosa di davvero fresco.
🛒 Puoi comprare questo disco sul sito ufficiale di Dijon.
Strawberries di Robert Forster
Strawberries è il nono album solista di Robert Forster, ex Go-Betweens dall’elegante e vivace carriera solista. Alla soglia dei settanta (ne ha “solo” 68, tiene a precisare), pubblica il suo disco più variopinto, registrato quasi interamente in presa diretta sotto la produzione di Peter Morén (sì, proprio quello di Peter, Bjorn & John) e uscito a inizio estate per Tapete Records.
La scrittura di Robert è tornata arguta, poetica e capace di sorprendere a ogni strofa: ti strappa un sorriso ma subito dopo ti lascia con un “wait… what?” in testa.
Se The Candle and the Flame era cupo, segnato dalla malattia della moglie, Strawberries è un tentativo (riuscito) di voltare pagina. Forster si trasforma in un menestrello, popolando le sue canzoni con personaggi immaginari più autentici di quelli reali.
Ci sono leggerezza e divertissement in brani come Breakfast on a Train o Such a Shame, in bilico tra storytelling e spoken word. Il folk-rock dei Go-Betweens riaffiora qua e là, tra accelerazioni rockabilly, finezze jazzy e un roster di strumenti che guarda ai 70: fingerpicking, armonica, organi, chitarre acustiche. Non a caso i nomi che vengono alla mente sono quelli di Lou Reed nella title track Strawberries, Dylan in Breakfast on a Train, ma anche Velvet Underground e Neil Young.
Discone: lo ritroveremo sicuramente nelle classifiche di fine anno.
🛒 Puoi comprare questo disco sul sito ufficiale di Robert Forster.
Anyway degli Anamanaguchi
Sembra che uno alla volta tutti gli attori di Stranger Things stiano intraprendendo carriere musicali di "successo": Joe Keery (Steve) ha un progetto affermato con lo pseudonimo di Djo, Finn Wolfhard (Mike) è il frontman della band indie rock Calpurnia, Gaten Matarazzo (Dustin) fa parte della band Work In Progress e Maya Hawke (Robin) ha da poco pubblicato un disco solista.
Un hype del genere una volta si poteva raggiungere solo grazie ai videogiochi, ne sanno qualcosa gli Anamanaguchi un gruppo chiptune (un genere in cui i suoni vengono sintetizzati dai chip sonori di un computer o una console) di New York. La band al tempo esplose componendo la colonna sonora del videogioco tratto dal film di Michael Cera Scott Pilgrim vs. the World e in seguito partecipando da headliner a due festival musicali su Minecraft.
Inizialmente gli Anamanaguchi componevano pezzi strumentali, al limite con qualche guest vocalist, come la pop star virtuale giapponese Hatsune Miku. Anyway segna una nuova fortunata svolta, a partire dal processo creativo, non più solo virtuale: l'album è nato imbracciando strumenti reali ed è stato registrato in presa diretta, con la band tutta sotto lo stesso tetto (più precisamente nella casa di Urbana - Illinois - immortalata sulla copertina del primo album degli American Football).
L'album, prodotto da Dave Fridmann (già con Flaming Lips, MGMT e Mogwai), ha un sound energico ed electro-punk, si affida largamente alle chitarre e ricorda qualcosa che potrebbe stare a metà strada fra Weezer, Grandaddy e Beach Boys.
Anyway onora il passato ma suona anche come qualcosa di nuovo, da provare.
🛒 Puoi comprare questo disco sul bandcamp degli Anamanaguchi.
If Not Winter dei Wisp
Quando alla fine degli anni 90 comprai Loveless dei My Bloody Valentine, il negoziante mi disse: “È come una bottiglia di Barolo.” All'epoca non avevo tutta questa esperienza in fatto di vini, ma oggi so che aveva ragione: lo shoegaze può essere sì un rosso corposo, ma a volte aprire a manetta i feedback può essere come servirlo freddo per mascherare qualche carenza.
Lo shoegaze “servito freddo” e gli eccessivi manierismi sono i motivi per cui prendo sempre con le pinze nuove uscite di questo genere. I Wisp invece sono un passo oltre, ma decidi tu in quale direzione dopo averli ascoltati.
Dietro questo progetto si cela l'idea artistica della giovanissima Natalie Lu, nata a San Francisco da famiglia thailandese. Natalie dopo una parentesi come violinista ha finito per innamorarsi di Whirr, Cocteau Twins, Mazzy Star e Mojave 3. Inspirata da questi ha inciso i primi brani da sola per poi caricarli su TikTok (dove andremo a finire signora mia!), qui ha trovato una viralità inattesa che qualcuno ha definito zoomergaze. Dopo questo episodio, appena diciottenne, ha firmato con Interscope, ha aperto per gli Slowdive, ha suonato al Coachella e nel 2023 ha pubblicato l'EP di debutto Pandora.
If Not Winter è il suo esordio e, sulla falsa riga di Pandora, è contraddistinto da una produzione lo-fi e da una voce sussurrata alla Grouper esaltata dalla produzione, che la fa galleggiare fra burrascosi feedback di chitarra.
Questa volta non ci sarà nessuno a guardarsi le converse e forse non piacerà ai puristi (e infatti è insufficiente su Pitchfork), ma se lo shoegaze vuole evolvere in qualcosa che non sia solo autocelebrazione del suo passato, dovrà passare anche per queste forche caudine e, forse, dalle ferite nascerà un nuovo distillato di emozioni da servire a temperatura ambiente.
🛒 Puoi comprare questo disco sul sito ufficiale delle Wisp.
Un lavoro da donne. Saggi sulla musica di Sinéad Gleeson e Kim Gordon
Per una serie di sfortunati eventi - che non starò qui a elencare - l’estate 2025 mi ha visto fermo ai box per quanto riguarda i viaggi vacanza.
Senza perdermi d’animo ho rispolverato una piscinetta comprata nel 2020, l’ho piazzata nel mezzo del giardino, mi ci sono sdraiato dentro e, leggendo Un lavoro da donne. Saggi sulla musica di Sinéad Gleeson e Kim Gordon, ho finto di essere in agriturismo.
L’esperimento è andato discretamente ma, alla fine, penso che il merito sia stato di questo libro MERAVIGLIOSO, tutto al femminile, che raccoglie saggi sulla musica di sedici autrici d’eccezione.
Per darti la cifra artistica di questa pubblicazione basterebbe citare la prefazione di Claudia Durastanti o il fatto che Kim Gordon ne è co-autrice o che c’è un pezzo di
, ma la realtà è che ci sono tantissimi pezzi interessanti:Il racconto esilarante e auto ironico dell'incontro fra Ann Enright e la sua beniamina Laurie Anderson in Fun Girl.
Il potere che hanno le canzoni di protesta nel creare legami con la propria patira d’origine, raccontato da Fatima Bhutto in Canti d'Esilio.
La fatica che c’è nel fare il proprio lavoro, anche quando coincide con la più grande passione, come nel caso della scrittura musicale per Jenny Pelly ne I Frutti del Lavoro.
La riscoperta della propria libertà attraverso la musica di Linda Sharrock nel pezzo di Juliana Huxtable.
Il racconto della collaborazione e dell'amicizia fra Kim Gordon e la percussionista underground nipponica Yoshimi Yokoda, attraverso un racconto/intervista epistolare.
La vita di Leslie Jamison, romanziera e autrice del NYT Magazine, raccontata attraverso 8 playlist, fatte da lei o per lei, nel corso della sua esistenza.
La meravigliosa e sofferta storia di Walter Carlos (ora Wendy Carlos), compositrice di musica elettronica e pioniera del Moog, raccontata da Sinead Gleeson.
O l'imperdibile racconto biografico di quando Megan Jasper era stagista presso la Sub Pop, nei ruggenti anni dell'esplosione del grunge.
Must have.
Per approfondire
💳 Bandcamp ha annunciato la nuova funzione Clubs, si tratta di spazi di ascolto virtuali curati da artisti ed artiste, etichette ed esperti che propongono percorsi musicali tematici. Ogni Club offre consigli, playlist, uscite speciali, confronto e condivisione tra chi condivide gusti simili.
😈 Fino a poche settimane fa ci si preoccupava di come le piattaforme potrebbero rimpinguare le playlist di "easy listening" con brani generati da AI, ma siamo già oltre. Alcuni truffatori stanno pubblicando musica generata artificialmente spacciandola per opere di artisti, artiste e band reali, intascando royalties e minando fiducia. Alcuni di questi album fake sono finiti sulle pagine ufficiali degli autori, il caso "0" è quello di Emily Portman, ma ce ne sono già molti altri. Ne parlano tutti, anche Digital Music News.
🧑🎤 In questo articolo Il Post parla del fenomeno dei festival boutique: piccoli eventi immersi in luoghi suggestivi, tra natura e borghi, che privilegiano intimità, ricerca artistica e senso di appartenenza.
My job here is done
Alla prossima!
(Hai notato che non scrivo mai “A presto”?)
Qua c'è un sacco di bella roba da recuperare e devo prendere "Un lavoro da donne" aaa